Le Aree Archeologiche Nazionali a Vetulonia Orari e cartina

A Vetulonia l’Area Archeologica Nazionale è costituita da più siti, che si snodano nei pressi del borgo moderno oppure lungo la via “dei Sepolcri”, a circa 2 km dal paese in direzione Grosseto.

Nei pressi del borgo si possono visitare i resti della città antica, con aree abitative e sacre: Costa Murata e Costia dei Lippi, Mura “dell’arce”, Poggiarello Renzetti – Scavi Città.

Lungo la via “dei Sepolcri” si trovano le tombe monumentali: tomba del Belvedere, tomba della Pietrera, tomba del Diavolino II (temporaneamente chiusa per restauro) , tomba della Fibula d’Oro (in terreno privato ma accessibile).

Gli orari di apertura delle aree sono due, in base alle stagioni e al cambio dell’ora legale. L’ingresso è sempre gratuito.

Da aprile a fine ottobre: martedì – domenica 9.45 – 18.30

Da novembre a fine marzo: da martedì a domenica 8.30 – 16.30

Chiuse il lunedì e il 25 dicembre. Si consiglia di telefonare al corpo di guardia per conferma degli orari, specialmente durante le festività.

Si ricorda che con allerta meteo arancio/rosso i parchi, giardini e aree archeologiche all’aperto della Direzione regionale musei della Toscana restano chiusi al pubblico per garantire le condizioni di sicurezza.

Contatti: +39 0564 949587 +39 331 6216340

drm-tos.areavetulonia@cultura.gov.it

Direttore: Leonardo Bochicchio

Per ascoltare l’auditour dedicato cliccate qui https://izi.travel/it/bd7b-vetulonia/it

Le aree archeologiche: una panoramica

LE MURA DELL’ARCE. L’itinerario inizia nella parte più alta del borgo di Vetulonia, dove si può osservare un tratto di un imponente muro di terrazzamento realizzato con grandi blocchi di pietra, in opera poligonale, inglobato tra due alte torri medievali e tra le case moderne. Interpretato da Isidoro Falchi come mura di cinta della parte alta della città (arce), in realtà é stato realizzato nel IV secolo a.C. per creare un terrazzamento monumentale che ospitava uno dei più importanti templi della città. Presso il museo civico infatti sono conservati alcuni oggetti in bronzo (elmi e kòttabos) ritrovati all’inizio del ‘900 in un orto situato al di sopra delle mura, appartenenti ad un ricco deposito votivo di VI secolo a.C. Del tempio etrusco non rimane ad oggi traccia.

 In Piazza Renzetti due epigrafi ricordano la restituzione a Vetulonia del nome antico. Alla fine di via Garibaldi, la strada principale, prendendo sulla sinistra si arriva al piazzale del cimitero dove si apre l’ingresso all’ area archeologica di Costia dei Lippi.

COSTIA DEI LIPPI. A Costia dei Lippi gli scavi condotti a partire dal 1960 dalla Soprintendenza Archeologica per la Toscana misero in luce una serie di muri di terrazzamento a blocchi regolarmente squadrati ed una strada a lastre poligonali, con orientamento est-ovest, in leggero pendio verso est, in direzione della città. I muri di terrazzamento, precedenti alla strada, sono probabilmente in relazione con le costruzioni di un quartiere abitativo di età ellenistica (III – I secolo a. C.). In prossimità di uno di questi muri si rinvennero infatti frammenti di terrecotte architettoniche, databili al III-II secolo a. C. Non è da escludere però che l’area possa essere identificata con un tratto della cinta muraria, probabilmente proprio in corrispondenza della porta d’ingresso alla città. Da Costia dei Lippi, tramite un viottolo in salita, si accede a Via Case di Siena dove si trova l’ingresso all’ area archeologica di Costa Murata.

COSTA MURATA. La località di Costa Murata, già nota alla fine del XIX secolo, è stata oggetto di scavi fin dai primi anni del ‘900 e successivamente tra la fine degli anni ’60 ed il 1979. Gli scavi hanno portato alla scoperta di una strada lastricata una serie di abitazioni decorate con terrecotte architettoniche databili ad età ellenistica (III – I sec. a. C.). Attualmente è ben visibile un edificio rettangolare riferibile al II-I sec. a.C. da identificare con una domus con ampio atrio e cisterna centrale; intorno all’atrio si dispongono i vani con le aperture collocate a sud. L’area risulta frequentata dalla fine del VII secolo a. C. fino all’età tardo-repubblicana. All’inizio era probabilmente destinata ad area sacra, come fa pensare il ritrovamento di una stipe votiva ricca di ceramiche greche (VI-V sec. a.C.) attualmente esposte al Museo Archeologico di Vetulonia. Proseguendo lungo via Garibaldi, lasciando alle spalle Vetulonia, a poca distanza dal paese, sono visibili lungo la strada i resti dell’area archeologica denominata Scavi Città (Poggiarello Renzetti).

SCAVI CITTÀ. Dal 1893 al 1896 Isidoro Falchi, lo scopritore di Vetulonia, portò alla luce in campagne di scavo successive un’ampia porzione dell’abitato etrusco databile tra il III e la metà del I secolo a.C. Il quartiere era attraversato da una strada basolata, la “via Decumana”, fiancheggiata sul lato destro da magazzini e abitazioni ad atrium (una sala su cui si affacciavano le altre stanze e a cui si accedeva attraverso un ingresso fiancheggiato da due piccole stanze chiamato fauces).

Sull’altro lato della via Decumana si trovano strutture (vasche, pozzi, fognature) relative al sistema idrico e di regimazione delle acque del quartiere. Piccole vie trasversali, “via dei Ciclopi” e “via Ripida”, dividono l’abitato in isolati e si dirigono verso la sommità dell’altura di Poggiarello Renzetti. Lungo la “Via Ripida” è stata riportata alla luce (scavi 1985) una domus con atrio, detta “Domus di Medea” dove sono state ritrovate terrecotte decorative, che illustrano il mito di Medea, esposte al Museo Archeologico di Vetulonia Alla fine della via ripida sono tuttora in corso gli scavi di un’altra grande casa detta “Domus dei Dolii”. Un ampio vano era destinato allo stoccaggio delle riserve alimentari, custodite entro grandi orci (dolia) rinvenuti ancora in piedi e forse (la parte lastricata in pietra) alla produzione di olio. Il vano adiacente C costituiva il triclinium, ove i signori si ritrovavano a consumare i pasti distesi sui letti conviviali (klinai) con arredi marmorei, intonaci dipinti sulle pareti e pavimentazione in coccio pesto; il vano D poteva costituire, l’atrio dell’abitazione, orientato con l’ingresso in direzione della via dei Ciclopi.

Il materiale recuperato (III-I sec. a.C.) consente di fissare la data di distruzione della domus nei primi decenni del I secolo a.C. Tutta l’area fu abbandonata nel I sec. a.C., in seguito ad un incendio di cui rimangono tracce, forse in concomitanza con le azioni di rappresaglia operate da Silla ai danni delle città etrusche che si erano schierate con Mario, all’indomani della sua vittoria nella Guerra Civile. Davanti all’ingresso dell’area archeologica di Scavi Città al di là della strada sono i resti di un grande muro costruito con blocchi di pietra di forma poligonale, forse parte di un muro di cinta o di una struttura di contenimento del quartiere sovrastante.

LA VIA DEI SEPOLCRI. Proseguendo lungo la stessa strada e deviando a destra al bivio segnalato dai cartelli turistici, si imbocca, a sinistra, un sentiero non asfaltato che scende a valle. Siamo sulla “Via dei Sepolcri” che conduce alle tombe monumentali.

TOMBA DEL BELVEDERE. La prima tomba che si incontra, situata sulla sinistra, è la tomba del Belvedere, databile fra la fine del VII ed il VI sec. a.C. Si tratta di una struttura a camera quadrangolare con corto dromos d’ingresso. Si conserva ancora l’architrave, mentre nulla resta del sottostante lastrone di pietra che chiudeva la camera sepolcrale. Nella camera funeraria si aprono piccole nicchie destinate ad accogliere gli inumati. La pseudocupola che ricopriva l’intera costruzione è interamente crollata.

TOMBA DELLA PIETRERA. A qualche centinaio di metri, sulla destra della strada sterrata, è la Tomba della Pietrera. La tomba, che trae il nome dall’uso perpetuato per secoli come cava di pietra, rappresenta il più grande monumento funebre di Vetulonia. Si tratta di un caso anomalo di due tombe sovrapposte: la prima costruzione, quella inferiore con camera funeraria circolare, costruita nel terzo quarto del VII sec. a.C., crollò durante la costruzione o subito dopo, forse per l’utilizzo di materiale non idoneo. Colmata la prima tomba, perché non più utilizzabile, fu intrapresa nell’ultimo quarto del VII sec. a.C. la costruzione di una seconda impostata sopra la prima, con camera quadrangolare e dromos di accesso, alle cui pareti si aprivano due piccole celle contrapposte. La struttura era coperta da una pseudocupola sorretta da un pilastro centrale tuttora conservato; il tutto era sormontato da un tumulo di terra.

​TOMBA DEL DIAVOLINO II. Continuando lungo la via dei Sepolcri, a circa 400 metri è la tomba del Diavolino II, coeva alla Tomba della Pietrera. La tomba del Diavolino I è stata smontata e ricostruita nel giardino del Museo Archeologico di Firenze alla fine del 1800. La camera sepolcrale è di forma quadrangolare con agli angoli i pennacchi su cui si innestavano i lastroni in aggetto della falsa cupola. La copertura si conserva solo nella parte inferiore, la parte superiore è opera di restauro; ricostruito è anche il pilastro centrale di cui si conserva solo la base in pietra alberese. Si accede alla camera funeraria tramite un lungo dromos in parte scoperto e con porta architravata.

TOMBA DELLA FIBULA D’ORO

La tomba della Fibula d’oro

Databile alla seconda metà del VII secolo a.C., è una delle quattro grandi tombe visitabili poste lungo la strada che dalla Scala Santa conduce alla strada provinciale di Macchiascandona. Rispetto alle altre tre (Belvedere , Pietrera e Diavolino II) la tomba della Fibula d’oro si trova in posizione più isolata, raggiungibile attraverso una deviazione che porta alla via dell’Agnone. La sepoltura presenta una singola camera a pianta rettangolare, preceduta da un dromos di accesso lungo circa 5 metri. La struttura è realizzata in pietra locale di Alberese. La copertura della tomba doveva essere a tumulo, ma nulla resta della cupola, se non alcune tracce del tamburo.

La tomba ha restituito anche alcuni corredi sacri, tra cui la fibula d’oro che le dà il nome, realizzata con la fine tecnica di granulazione perfezionata dagli orafi vetuloniesi del pulviscolo; sulla fibula, i granuli in oro compongono una fila di animali fantastici che testimoniano un connubio tra arte orientale e gusto locale. I reperti sono conservati al MuVet – Museo Civico Archeologico “Isidoro Falchi”.

https://cultura.gov.it/luogo/area-archeologica-di-vetulonia